Banale, e fin troppo naturale, una foglia che si stacca dall’albero.
La naturalezza con la quale abbandona il ramo e volteggia verso terra fa apparire la cosa indolore. Ma come può essere indolore il distacco? L’autunno, di per sé, porta tristezza. Poi però ci sono i colori: i rossi e i gialli. Imprinting lasciato dal sole dell’estate trascorsa; esplosione finale di gioia di in albero prima del sonno invernale. Riprodurre sulla terra le sensazioni che ci presenta la vita non è cosa banale. Scrivere è, forse, più facile.
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"Sono negata" è la risposta che ricevo più frequentemente quando chiedo a qualcuno se vuole provare a lavorare con me l’argilla.
Una risposta così categorica presuppone una buona conoscenza di sé... se non fosse che, normalmente, chi risponde così, confessa poi di non aver mai preso in mano un pezzo di creta. E allora? Tutti noi abbiamo abilità manuali, non saremo Michelangelo, ma non ci è richiesto. L’argilla è un materiale molto versatile che si trasforma con i nostri gesti; è facile da plasmare anche se richiede attenzione e cura, perché ha un suo equilibrio delicato. La modellazione dell’argilla ha un forte valore terapeutico perché consente a ciascuno di noi di potersi esprimere liberamente: possibilità che altri materiali non offrono. È, inoltre, un ottimo strumento di concentrazione e di analisi personale: quando la materia scivola tra le nostre dita e inizia a prendere forma riesce a darci soddisfazione e benessere. L’importante, e si torna appunto di partenza, è non preoccuparsi del risultato finale ma trarre beneficio dal percorso stesso: non esiste competizione; le nostre fragilità sono i nostri tratti distintivi. Siate quindi forti e coraggiosi e NON negatevi i piaceri salutari della vostra vita. Quando volete io vi aspetto a giocare col fango! La scritta “Clay open studio” torreggia nel mio laboratorio, bianco su nero... o meglio crema su nero.
Viene letta da chiunque entri, incuriosito da questo strano luogo: un non-negozio nel pieno centro di una città turistica come lo è Firenze. L’italiano che entra per la prima volta nel mio spazio si pone subito due domande. La prima tuona più o meno così: — Ma non è un negozio questo?! Alla mia risposta: — Non proprio è un laboratorio dove si lavora la ceramica... ma si possono anche acquistare gli oggetti che creo... (loro non vedono ma io incrocio le dita nella speranza che siano invogliati a comprare qualcosa...) Segue un passo verso il centro del laboratorio, anche per i meno curiosi, e la successiva domanda: — Clay chi è? Perchè “Studio” si capisce che è uno studio, un posto dove si può studiare ceramica, al limite. “Open” è un vocabolo oramai comune anche per noi italiani, si conosce il significato di “aperto”. Si tratta di uno studio aperto... ma questo “Clay” è irraggiungibile. Possibile che io mi chiami Clay e che questo sia lo studio aperto di Clay? No, il mio accento toscano li solleva subito dal dubbio, infatti io mi chiamo Martina. Magari uno straniero abitava questi luoghi prima di me e si chiamava Clay... No, “clay” è l’argilla in inglese; argila in francese e portoghese; πηλός (Pilòs) in greco; arcilla in spagnolo e così via. Terra e acqua, queste sono le mie materie, assieme al fuoco che uso per biscottare le mie forme. Così semplice! |
AutoreMartina, blogger dal 2009 vi racconto qui la mia esperienza con la ceramica. Archivi |